Le inutili divagazioni di un aeronauta


I Kyrie sono:
Piero Sciortino: voce, chitarra, basso, tastiere, pianoforte, batteria, percussioni e drum machine
Dario Sangirogi: basso
Federico Bratovich: chitarre e tastiere
Roberto Vidè: tastiere
Renato Martinelli: batteria


"Le inutili divagazioni di un aeronauta" è stato concepito, composto, registrato e mixato tra settembre 99 e dicembre 2000. Le registrazioni sono state effettuate con apparecchiature semiprofessionali nella piccola cantina 42D a Milano.
Produzione e mixaggio: Piero Sciortino
Masterizzazione Studio Vetriolo Riccardo Milano
Divagazioni notturne e riascolti tra birre ed incenso: Piero Sciortino e Federico Bratovich
Copertina: Stefania Milazzo e Federico Bratovich


A tutti coloro che pazientemente, giorno dopo giorno, provano a separare lo spesso dal sottile.

CD1
1. Pomeriggio di pioggia   (video)
2. Antri d'alchimisti
3. Sotteranei di Bucarest
4. Rifugi Culturali
5. Forse è meglio perdersi
6. Asparges me
7. L'aeronauta
8. Festa di piazza

CD2
1. Quello che non vedo
2. Il suicidio di Robert Schumann
3. Resto senza accorgermi
4. Caccia alla volpe
5. Caffè Viennese  (video)
6. Ritiro estivo
7. Beati Paoli
8. Il ritorno ( l'aeronauta scende)


CD1

1. Pomeriggio di pioggia

Bassissimo ed ingrigendosi sta il cielo:
ed ecco piovere.
Si affrettano, riparandosi con fogli che si bagnano.
Bambini che ridono, giocando a rincorrersi.
Poi silenzio.
Poche macchine attraversano le pozzanghere.



2. Antri d’alchimisti

Note d’organo, trasmutazioni alchemiche.
Fasi d’Opera sulle facciate e sui portali delle chiese:
libri nei secoli.
Eugene Canseliet discepolo di un maestro,
udì storie di antiche madri e vergini bianche.

Negl’antri in ombra di alchimisti : laboratori sacri.
Case celesti nel vicolo dell’oro a Praga
mi ricordai del “Trittico delle delizie”:  Bosch.

Rimane ancora ordinario il mio modo di scegliere.
Di tanto in tanto ricorrono quei pensieri che controllai,
che non afferrai del tutto.

Negl’antri in ombra di alchimisti
porte a specchio, fuochi azzurri
nella materia proprietà sacre.
Le nozze chimiche in quattro parti fine e principio.
Nei fenomeni e nella materialità le tre forze.
Ci ritrovammo tra gli incerti confini bui e mobili del cosmo


3. Sotterranei di Bucarest

Ho quello che vuoi: movenze comiche
è il circo povero dei sotterranei.
Che ospitano me
l’aria brucia e soffoco
vorrei abbracciarti ma i tuoi occhi gelano

Così ci chiamano: maghi circensi
è un’arte scomoda l’equilibrio dei funamboli :
guardare a testa in giù.

Ricordati se puoi dei miei giochi e un po’ di me.
Vorrei baciarti ma le mie labbra gelano
Vorrei abbracciarti ma i tuoi occhi gelano
possa rivivere nei tuoi sogni un po’ di me.


4. Rifugi culturali

Rifugi culturali le colline di Torino
coi sacrifici neri e decapitazioni,
i vicoli di Assisi per il calendimaggio,
le chiese di Milano che danno sui  Navigli.
La lettera che Kafka scrisse per suo padre
somiglia molto a quella che ancora non ho scritto.
Le sinfonie di Schubert e le icone bizantine
ed inginocchiatoi in vecchi monasteri.

Ricordami quanto vicina
sia la strada che porta alla fine del nulla
ricordami quanto lontana
sia la strada che giunge a riunire le cose.

Rifugi culturali le vie di Salisburgo,
la brevità regale degli haiku giapponesi.
Portoni e cancellate in stile vittoriano,
proscenii traballanti in scomodi teatri.

Ricordami quanto vicina
sia la strada che porta alla fine del nulla
ricordami quanto lontana
sia la strada che giunge a riunire le cose davvero.
Ricordati di quand’ero bambino
e ti sorridevo guardandoti perso.
Ricordati di quanto è accaduto
durante quei giorni, quei giorni
che non tornano indietro


5. Forse è meglio perdersi

Forse è meglio perdersi
fisso due mani pallide chiare.
Guardo ma tu allontanami
cerco i tuoi brevissimi girotondo di parole.
Parli e mentre parli io
cedo agli invisibili segni
perdo qualsiasi volontà
crollano le mie spalle e tu ridi amara, ridi amara.

Anche se so che ogni cosa accade aldilà di noi
non mi riesce ancora di non oppormi e di cedere.

Lunghi sono lunghissimi
i giorni che ormai non tornano più
quando tu mi chiamavi ed io
forte del tuo attendere mi spostavo, me ne andavo.

Anche se so che ogni cosa accade aldilà di noi
non mi riesce ancora di non oppormi e di cedere
bene è forse immergersi tra le acque che chiamano
trasparenti e in quiete, le stesse acque in cui già nuotai.



6. Asperges me

Asperges me Domine issopo
et mundabor lavabis me

et super niven

miserere mei Deus secundum
Magnam misericordiam tuam

Et super niven



7. L’aeronauta

Guardo il mio lentissimo, quasi fisso ascendere
eccomi già altissimo
magnificato e appeso all’aria
magnificato e appeso all’aria
disteso fuori e dentro l’aria

Guardo dall’alto gli alberi
sono già pioggia gli alberi
come la pioggia cadono
cullandomi, cullandomi
poi chiamano struggendomi

Poi da qui rimpiangere rinunciando a scendere
magnificato e appeso all’aria
magnificato e appeso all’aria
manipolando il cielo e l’aria

Guardo dall’alto gli alberi
guardo e in distanza sembrano
immateriale origine
mi cullano chiamandomi
si perdono struggendomi
ma parlano anche da lì.



8. Festa di piazza

Nei cortili grigi ricercavamo l’ombra
tra le reti in ferro noi giocavamo a carte.
Poi veniva sera, l’odore dolce di Autan
correva tra le sedie disposte fuori dai bar.

Un monumento ai caduti
ed impressi nel marmo decine di nomi.
Poi qualcuno mi cercava
e accompagnandomi mi parlava raccontandomi di sé.
Un monumento ai caduti
ed impressi nel marmo decine di nomi.
Poi qualcuno mi cercava
e accompagnandomi si affrettava raccontandomi di sé.

CD2


1. Quello che non vedo

Vanno svilendosi nella divinità
tutti i miei pensieri ciclici.
Ogni sinistra idea che si nutre di me
si dissolve nell’Origine, nell’Invisibile
che si cura di me
che si cura di me
che si prende cura di me.

Parlavamo tra noi ieri in macchina ed io
comprendevo che ogni cosa ha
due aspetti diversi: ciò che ancora mi cattura
ed un lato inafferrabile, imponderabile
che si cura di me
che si cura di me
che si prende cura di me

E’ meno distante quello che non vedo.
E’ meno lontano quello che non vedo.
E’ un poco più in luce quello che non vedo.
E’ meno distante quello che non vedo.

 
2. Il suicidio di Robert Schumann


Le tavole girevoli
sanno già e ti piangono
vanno accompagnando te
tra le acque amare del Reno.
Si aprono memorie
del pianismo eccelso in  Clara Wieck.

Di Hannover, di spettri, di voci lunghe,
di note perpetue
e di mani sugli occhi
che impediscono la vista degli argini.
Del ponte e degli argini.

Ridono i demoni
che dettarono la musica.

Dolenti gli ottoni
che spalancano le braccia  agli angeli.
Di assilli terreni incurabili
si placa l’immagine,  si stinge l’immagine.
Dolenti fanfare che spalancano
le braccia agli angeli.
E di tormenti terreni non più udibili
rimorta è l’immagine.



3. Resto senza accorgermi

Restano come cose svilite
quei giorni in cui non ci sei
come foglie gettate ai margini di una via.

Spero che il giorno morente muoia
svendo il mio circo di idoli.

Le stanze a corte già disposte a festa
non mi accolgono
perché, un po’ bugiardo e sciocco
al cospetto di sua Maestà
resto senza accorgermi del suo chiedere
resto senza accorgermi del suo chiedere
“dove sei ?”

Spoglio di senso i carnefici
del mio cielo portatile.

L’indispensabile rimane nascosto e invisibile
al regno delle forme dal dolce perenne dormire.
Resto senza accorgermi del suo chiedere
resto senza accorgermi del suo chiedere
e di me.


4. Caccia alla volpe

E’ pensandoti che riaffiorano giorni, gesti e tempi
che si riappropriano di noi.
Vanno schernendomi e si apprestano a confondere
l’idea che ho di te.

Spari echeggiano lontanissimi da qui
e si levano i latrati dei cani
che si inseguono noncuranti di me
e confondono i pensieri che ho
l’idea che ho di me, quel che penso di me.

Quel che penso di me, ciò che resta di me
l’idea che ho di me
e confondono
quello che penso di me che vedo di me
che avevo di me
e dissolvono
quello che resta di me l’idea che ho di me
e confondono
l’idea che ho di me.


5. Caffè viennese

Nel caffè dei portici  lampadari con candele
e dame in posa per il tè.
I vassoi riflettono il velluto rosso delle sedie sotto i tavoli.
Gli specchi creano dei giochi di profondità.
Come sottofondo  da una radio in legno
suoni di una musica da camera.
Dalle tazze il fumo pigramente sale
appannando i vetri che separano da fuori,
dalle insegne accese per Natale,
e dalle luci livide e violacee dei lampioni.

Nell’incedere degli altri, coperti da mantelle e sciarpe e
nell’approssimarsi di carrozze è chiara l’idea che ti spiegai
dell’impermanenza delle cose.
Intanto stampe alle pareti ci circondano.

Resto in attenzione e osservo
come il semplice sfogliare un libro porti via da sé.
Noto che i colori dei ventagli, ed i discorsi mi possiedono.
Scordo ancora troppo spesso  ciò che è utile
lascio che la forma attorno mi catturi.

Nell’incedere degli altri coperti da mantelle e sciarpe e
nell’approssimarsi di carrozze è chiara l’idea che ti spiegai
dell’impermanenza e della discontinuità.
E riprendo a leggere


6. Ritiro estivo

Le intuizioni guidano in territori ampissimi,
liberi dall’indolenza o dalle bugie del sonno
che consumano.
Particelle cariche, astri subatomici
come soli in universi di un’altra dimensione.
Rinascimentale è il mio modo di cercare tra le cose.

Le cose poi si mostrano in chiare corrispondenze
quando noi ci destiamo.
M’insegnasti a prendere istantanee utili
osservando i miei gesti.
Lavorammo più a lungo nel ritiro di Agosto

Leggo in William Butler Yeats di Emmanuel Swedemborg
visionario audace esperto viaggiatore tra i pianeti,
e in un saggio di storia dell’arte le teorie del Brunelleschi
mentre io mi sposto da qui , mi sposto da qui, mi sposto da qui

Nei movimenti in sincrono
leggi matematiche rivestite di bianco.
Tagliare un prato a Fointanbleu : fanciullezza di Peters
super sforzi nel tempo.
Certe volte penso ancora
alla squadra della fossa biologica al lavoro
ed ancora mi commuovo e so
che le cose mostrano chiare corrispondenze
sempre che le si guardi.
Mi insegnasti a prendere istantanee utili
osservando i tre piani.


7. Beati Paoli

Grottesche le immagini di dame di plastica, spegnile.
Da scemi che cantano che sbiancano e piangono salvaci.
E spostaci, poi spostaci.
I vermi ricchissimi astuti a combattere strisciano.
Programmi che al solito distraggon gli stupidi
coprili per noi e spostaci ; poi spostaci

Entrammo cauti in doppia fila
sopra le tracce dei Beati Paoli.
Qualcuno sussurrò parole estranee :
miti vestfalici che non capivo,
di un tribunale che nel medioevo
distribuì sentenze capitali.
Ci sistemammo in cerchio a mani giunte
poi salmodiammo un’antica prosa :

vein al vein e vein al otten vein.

Nove candele su tre candelabri
la grotta riluceva traballante ;
coperti i volti come i nostri padri
si diede inizio alla lettura
del giuramento e della condanna
che emozionava ancor noi  confratelli.

Vein al vein e vein al otten vein.

Sei direzioni o porte si aprono
al centro il punto fisso equidistante
condannati a udire gli inferi
stanno i morti in moto come macchine.
Passano, passano inchinandosi.
Passano senza mai esserci.
Bussano alla fine prossima.
Coperti gli occhi che sanno
che ciò che vedono non è
che l’approssimata idea della realtà
che la trasognata idea della realtà.


8. Il ritorno (L’aeronauta scende)

Ecco i miei giorni atterrano lievissimi e lascian spersi
fasci di scie lunghissime, avvolte per sempre a ieri.
Ed io da qui ripenso a chi ero e cerco
quel che davvero sono e quel che al contrario non c’è.
Alla dimenticanza ormai bussano le mie mani.

Ma a un tratto i tuoi occhi
e in quegli occhi gran parte di me
nei tuoi sciupatissimi occhi parte di me.
A un tratto il tuo viso e in quel viso gran parte di me
nel tuo sciupatissimo viso parte di me.

Asciugandoli come a un padre,
celebrandoli come fossero di chi sa
che ogni distanza è distante da me
che ogni mancanza è mancante di me.
I tuoi offuscatissimi occhi misurano
sia l’orfanezza sia l’assenza in me
sia ciò che so esistere.

Nessun commento:

Posta un commento