In ricordo di Edith Behar



I KYRIE sono:
Piero Sciortino: voce, chitarre, basso, tastiere, percussioni.
Roberto Vidè: tastiere.
Dario Sangiorgi: basso.
Renato Martinelli: batteria, percussioni.

Testi e musica: Piero Sciortino.
Registrazione e produzione: Piero Sciortino.
Arrangiamento: Piero Sciortino e Kyrie.
Mixaggio: Piero Sciortino e Renato Martinelli.
Realizzazione grafica: Dario Sangiorgi

1. La stessa estraneita
2. Riflessioni di un malato
3. Decadenze  (video)
4. In ogni treno che passa
5. Aggredendo i salici
6. Spazi bianchi come nuvole
7. Oltre le lacrime
8. Mia madre da giovane
9. Come quel lago
10. Illudersi ancora
11. Nimloth Kirloth
12. Lontano da casa



1. La stessa estraneità

Lumi ardono, scarlatti e vitrei
gli alchimisti ormai non si concedono
Gustav Meyrink sì, lo vedi scrivere ?
E’ dietro te e me, dietro te a quel tavolo ;
due passi dietro te e me, dietro te in Judenstadt.

Specchi magici e finestre ad angolo,
Praga elevati, onora e cullaci,
Mydlar l’angelo dei tuoi patiboli colpirà per te
e poi per te occulterà
l’alba d’oro degli dei e i vicerè,

e la demenza in Edith Behar
che di Edith Behar e in Vitus Vlad fu maestà.
Quella stessa estraneità che io ho da un po’,
che ormai da un po’, che già da un po’,
conosco in me.

2. Riflessioni di un malato

Loro mi cercano, sembra già siano qui dove sono.
Forse adesso capirai, scoprirai quanti anni ho.
Eccoli :  mi chiamano ;  loro mi urlano ;
sembrano esistere ma muoiono.
Forse non comprenderai quanto in basso cadano
ma laggiù non guardo mai.

Io cerco più in alto, tra gli alberi,
“non mi domandi : vedi qualcosa ?”
Ma non lo chiedi, risponderei :
“gli occhi non servono nella mia stanza.”

Loro spaventano,
sembrano esistere ma muoiono.

Cerco più in alto, tra gli alberi,
“non mi domandi : vedi qualcosa ?”
Ma non lo chiedi, risponderei :
“gli occhi non servono nella mia stanza”


3. Decadenze

Decadenze, estetismi europei fine secolo :
rileggendo a ritroso un romanzo dell’epoca.
Ho sognato stanotte di patti con gli inferi,
ora siedo appoggiato a un cancello che cigola.

Vittoriani palazzi e morale anglosassone,
edonisti votati all’eterno e bellissimi.
Ricordavo guardando il profilo che hai,
quella casa che noi visitammo anni fa.

Dimensione d’assurdo dal quale riemergono :
i castelli, i processi e le colpe degli uomini,
combattuti tra l’arte sublime e le fabbriche.
Siedo ancora appoggiato al cancello che cigola, cigola.

E’ Venezia che muore col volto di Aschenbach :
il diverso normale l’estraneo nostalgico.
Ho compreso osservando le foto dei tuoi
la persona consunta ed eterea che sei.

Ricordavo guardando il profilo che hai,
quella strada in cui noi camminammo anni fa.
Ho compreso osservando le foto dei tuoi,
la persona celeste ed immonda che sei,
che tu sei.


4. In ogni treno che passa

Guardo il tuo corpo da dietro che se ne va
lascia alle spalle e sfumato me,
come ancorate alla bocca annegano
quelle parole che forse non userò più.

Non un pensiero riassume dentro di sé
quello che ho dentro e che sento,
desolazione poi nausea poi niente di me
poi appena passa è già inverno.

In ogni treno che passa lì sei tu
in ogni male che inganna lì sei tu
in ogni voce che incanta lì sei tu
in ogni cosa che muore lì sei tu.

Poi qualche cosa si è spento ed è andato via
ti ho ritrovata nel resto di ciò che non ho
vorrei tornare bambino e sorridere
era Settembre ricordi ? Ti ricordi di me ?

In ogni treno che passa lì sei tu
in ogni male che incanta lì sei tu
in ogni voce che inganna lì sei tu
in ogni viso che muore lì sei tu.



5. Aggredendo i salici

Penso all’acqua che gelava aggredendo i salici.
In Febbraio, dai balconi, si guardava il traffico e la neve
ormai nera sull’asfalto dei viali.

“Vieni dentro che fa freddo”(una voce da dietro).

Quello stesso vento obliquo ora taglia le tue guance.
io osservo come allora le macchine che passano :
“Sediamoci, sei pallida”.

Dieci anni fa, sempre inverno :
ma tu dov’eri ? ed io com’ero ?


6. Spazi bianchi come nuvole

Spazi in cui scivolo, bianchi come nuvole
si aprono senza argini.
E’ come se celebrandosi, mi annullassero.

Retro stanze diafane in cui coesistono :
percezione di me e perpetua mancanza di me.
Evidenza di me
oltre il vuoto e l’assenza.

Guarda non è arrendersi
cedo senza perdermi.

Tempo fa scrissi pagine
in cui ormai stento a leggere o a distinguere :
percezioni di me o evidenti frammenti di me.
Proiezioni di me, o qualcosa che ancora resti.
Solo vuoto ed assenza ne’ un ricordo.


7. Oltre le lacrime

I pensieri come alberi
e come rami miseri inghiottono.
Come dita inguardabili
aprono solchi nello spirito.

Eri tu a difendermi,
a interrompere questo strazio
e questo lento inesorabile
deturparmi oltre le lacrime.



8. Mia madre da giovane

Lontani e come inascoltabili
i tuoi lamenti mi arrivavano
“Là fuori l’aria è sangue e un po’ anche qui”
dicevi allontanandomi da te.
“Spostati un po’ più in là, vattene !”.

E intanto io commuovendomi
vedevo mia madre da giovane.
E’ strano quanto alcune immagini
acquistino dal tempo
dopo che ingialliscono sfocandosi,
sbiadiscono sfiorendosi.

Vorrei andarmene da qui
poter ridere di te.

Nessuna cosa mai mi apparterrà
come il suo viso ed i suoi abiti
“Lasciami solo un po’, vattene ! Ti prego vai”.

Vorrei andarmene da qui
poter ridere di te
esistere ancora e solo per lei
e, intanto ridere di te, di te e me.



9. Come quel lago

Scordati, scordati delle cose che ti mancano
quasi non ci fossero.
Quanto è passato da quando dicevi :
“Guardare quel lago fa piangere”.
Ora quel lago sembra sospeso
o forse smarrito e inutile.

Credimi, davvero credimi,
i ricordi annientano.
Ma quanto è passato da quando dicevi :
“Guardare quel lago è un po’ illudersi
che tutto, qui, resti come noi oggi”
e sorridevi voltandoti.

Vorrei che tu fossi un po’ come allora
e che mi guardassi ancora un po’
ora che sono come quel posto :
sospeso, smarrito e inutile.



10. Illudersi ancora

Ho provato a credere
che le cose avessero un qualche ordine
o, almeno in parte, apparente senso.

Questa mattina c’è il sole
tutta Milano è in maschera ;
guardo il cielo è viola !
ma la gente non lo vede.

Circense è il colore dei coriandoli
alzati dal vento.

Questo riporta a immagini
di quando bambino a Ottobre,
io raccoglievo foglie
per  l’indomani al doposcuola.

Vorrei poter essere assente da qui
per potermi illudere ancora, per sempre.
Vorrei essere qui per fingere ancora un po’
ancora e per sempre.


11. Nimloth Kirloth

Splendi, prima che il vento ti accolga,
prima del fitto rincorrersi della pioggia sui vetri.
Splendi, prima che scenda la notte
e il buio dal quale arrivasti possa raggiungerti ancora
e come allora tolga suono e confonda la voce che ieri incrinandosi,
raccontava di posti in cui è facile restare immemori.
Tolga suono e confonda le cose che ieri fissandomi raccontavi
e quei versi perduti riecheggino ancora e qui.

Nimloth kirloth dol er brit ailet kir nirnaeth brit farot.
Meret cam and mover brit sindar arien nirnael.
Groit dol ar ruth kellelit loitkel an lamnot rian ruin
morwen sindar evet slit faithel sleitin arien groth.

12. Lontano da casa

Si è avvelenato quello che ho
e il tempo non laverà mai
ciò che ho sporcato nei giorni
trascorsi lontano, lontano da casa.
Si è inaridito quello che io
pensavo immortale e più in alto di me.
Si è consumato invece in quei giorni
trascorsi lontano, lontano da casa.

Riprendimi, tra i tuoi silenzi volerò.
Riprendimi, tra le tue voci correrò.
Osservandoti guarirò, celebrandoti guarirò.
Dai margini della mia stanza muovimi.
Da abiti di cose morte svestimi.
Osservandoti guarirò, ricordandomi guarirò.

Scendi e prendimi, vieni e prendimi, prendimi.
Corri e prendimi, prendimi.
Si allontanano diradandosi
tutte quelle cose in cui credevo ieri.
Ora quello che io vedo da qui,
tutto quello che io sento da qui,
è il lento, obliquo e stanco trascorrere
di giorni che non riesco più a vivere.
Si indeboliscono, diradandosi,
tutte quelle cose che da qui io guardavo.

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